Le Suore del Villaggio della Gioia

Le Suore del Villaggio della Gioia
di Massimo

Prima di conoscere padre Fulgenzio ero convinto che le missioni fossero una forma di neocolonialismo. Dopo averlo incontrato nel 2007 e aver visto cosa ha realizzato negli ultimi 10 anni, ho pensato che fosse necessario approfondire la sua conoscenza, quella del Villaggio della Gioia e delle missioni in genere. Da allora ne ho visitate diverse, in diversi paesi, ho incontrato persone splendide, ho assistito a varie conferenze (il più delle volte organizzate dai Comboniani), ho letto alcuni testi scritti da missionari (particolarmente significative le testimonianze di p. Alex Zanotelli e di p. Augusto Sella) e la biografia scritta sul Baba da Anima Universale. Ma soprattutto ho avuto l’opportunità di osservare al VdG il rapporto di profondo affetto che lega p. Fulgenzio ai suoi figli. Il loro sguardo, il tono della loro voce, l’espressione del loro viso esprimono chiaramente sentimenti di amore, riconoscenza, stima. Volendo dare un presente di gioia e un futuro di speranza a questi e molti altri figli d’Africa, d’Asia e Sud America, nel 2006 p. Fulgenzio ha fondato l’Istituto Missionario “Mamme degli Orfani”, con l’obiettivo di dare a bambini e ragazzi orfani quanto di più simile a una famiglia.
Fino a pochi anni fa il mondo delle suore mi era completamente sconosciuto. Non che non ne conoscessi: quando ero bambino le Suore Ancelle della Carità gestivano asilo e scuola elementare non lontano da dove abitavo con metodi che oggi non sarebbero molto apprezzati; ed erano suore quelle che mi facevano catechismo in preparazione della prima comunione e della cresima. Sapevo che una sorella di un mio zio era suora e mi erano particolarmente simpatiche le suore vestite di bianco che lavoravano in ospedale. Le Suore di Madre Teresa di Calcutta hanno sempre destato la mia ammirazione, mentre quelle di clausura mi sembravano un po’ ‘sprecate’. Non conoscevo ancora il valore della preghiera. Recentemente ho letto il libro “Accetto tutto”, che raccoglie le riflessioni e le lettere della suora carmelitana Ilaria Meoli, medico missionario morta in Africa a 37 anni in un incidente stradale. Volevo conoscere il loro mondo, cercare di capire. Un proverbio Swahili dice: “non conosco le cimici del letto dove non ho dormito”. La saggezza africana ci ricorda che prima di dare giudizi è necessario conoscere.
Trovandomi a trascorrere vari periodi presso il Villaggio della Gioia, incuriosito dalla presenza di queste giovani donne africane che hanno deciso di dedicare la propria vita a favore di bambini orfani invece di procrearne di propri (e sappiamo quanto la maternità sia importante per la donna africana), ho chiesto a Baba di saperne di più. Mi ha permesso di leggere la regola, che comprende il carisma dell’Istituto: apostolato nel mondo, vivere con gli orfani al loro servizio nelle case famiglia nei paesi più poveri, replicando il modello del Villaggio della Gioia; scuola materna ed elementare e dispensario saranno le altre cose che si dovranno realizzare. Ho letto anche le ‘costituzioni’, cioè quell’insieme di norme che regolano minuziosamente la vita dell’Istituto, dal ‘reclutamento’ alla loro quotidianità. Ho scoperto che al momento le Mamme degli Orfani non possono ancora dare seguito al loro sogno di vivere con i bambini nelle loro case perché ciò, ci piaccia oppure no, non è permesso dal diritto canonico finché non avranno fatto la professione perenne.
Ho letto le indicazioni date a p. Fulgenzio dal Cardinale Diaz, prefetto delle congregazioni religiose. Il fondatore di un istituto religioso esercita su di esso una funzione morale e spirituale, ma la sua organizzazione e la formazione delle future suore deve essere appannaggio della madre superiora di un altro ordine e delle sue consorelle; nel caso delle Mamme degli Orfani, la formazione è curata da p. Fulgenzio e dalle Nazareth Sisters of the Annunciation (le cosiddette suore del Kenia).
Mi pare d’aver capito che funzioni in questo modo: p. Fulgenzio invia una nota informativa sul nascente istituto “Mamme degli Orfani” a tutte le parrocchie della Tanzania. Le ragazze interessate devono avere un’età compresa tra i 18 e i 30 anni, aver conseguito il diploma di scuola secondaria, conoscere l’inglese, godere di buona salute e produrre una serie di documenti: certificato di battesimo, cresima, stato civile, dichiarazione di aver scelto liberamente senza alcuna costrizione. Vengono poi invitate a trascorrere un periodo di alcune settimane tra Novembre e Dicembre presso il Villaggio della Gioia (come and see) per dar loro modo di capire se lo stile di vita che vi si conduce e soprattutto se il fine dell’Istituto sono qualcosa per cui si sentono portate. Trascorrono il Natale a casa con la propria famiglia; se intendono proporsi come possibili future “Mamme degli Orfani”, inviano una lettera chiedendo di ritornare. Inizia allora (in Marzo) un lungo percorso di formazione fatto di preghiera, studio e lavoro: due anni di postulandato e due anni di noviziato prima di prendere i cosiddetti ‘primi voti’ (se sono accettate): oltre al servizio che offrono ai bambini e ragazzi durante la giornata, per 4 ore al giorno studiano Teologia, Bibbia, Catechismo universale della Chiesa, Psicologia, Sociologia, Morale, Storia della Chiesa. Poi altri 6 anni prima della professione perenne, altri 3 anni prima di avere una propria Madre Generale. Gradualmente saranno le stesse Mamme degli Orfani ad occuparsi della formazione di postulanti e novizie. L’Istituto missionario Mamme degli Orfani non è ancora formalmente costituito, potremmo definirlo “nascente”, ma, come tutti gli istituti religiosi, è fatto per durare secoli. Il Villaggio della Gioia di Mbweni sarà la casa madre di tutte le future suore Mamme degli Orfani, qui avverrà la loro formazione e pertanto si spiega perché qui siano stati realizzati conventi e alloggi (casa generalizia, delle novizie, delle postulanti, delle aspiranti, senza le quali l’ordine non potrebbe ricevere l’approvazione del Vaticano). Questi non avranno motivo di essere nei Villaggi della Gioia che dovessero essere realizzati altrove.
Al momento l’organigramma delle suore è il seguente:
Nazareth Sisters of the Annunciation (nel corso degli anni vi sono stati alcuni avvicendamenti): Suor Anastasia Mbula (noviziato), Suor Irene (responsabile della casa generalizia), Suor Nancy (maestra delle postulanti), Suor Erenesta Kagendo (preside della scuola primaria), Suor Bakita (preside della scuola secondaria).
Mamme degli Orfani: Suor Angelista (sarta per bambini e suore), Suor Augusta (responsabile dei bambini), suor Hildegarda (assistente della scuola secondaria), suor Imelda (gestione negozio, sacrestia e sarta per i bambini), suor Mary (fattoria e panetteria), suor Maria Teresa (piccola amministrazione e piccola infermeria per i bambini), suor Oliva (servizio ai bambini e assistente scuola secondaria), suor Scolastika (assistente scuola primaria), suor Veneranda (vice maestra novizie), suor Winfrida (cuoca e conduzione casa generalizia). In Marzo diventeranno suore altre due novizie, altre cinque nel 2015 e così via.
Il prossimo anno alcune di loro andranno a specializzarsi in alcune boarding schools: suor Hildegarda studierà amministrazione e informatica per due anni, saranno necessari 4 anni a suor Augusta per acquisire il titolo necessario a fare la preside della Hope & Joy School, mentre in 2 anni suor Scolastika diventerà maestra e potrà insegnare nella stessa scuola.
In questi anni gli ospiti presso il VdG hanno avuto modo di osservare e apprezzare il lavoro dei volontari di ‘lungo corso’, coi quali hanno spesso condiviso fatiche e momenti lieti. La giornata delle suore, invece, è poco conosciuta, ma sicuramente impegnativa: si alzano alle 5.00, alle 5.20 hanno mezzora di meditazione prima delle lodi mattutine (5.30) e della Messa alle 6.30. Alle 7.30 fanno colazione, poi dalle 8.00 alle 12.30 si dedicano allo studio e/o al lavoro. Il pranzo delle 13.00 è preceduto da mezzora di preghiera. Dalle 14.00 alle 17.00 di nuovo studio e/o lavoro, quindi preghiera prima del rosario con i bambini. Cenano alle 19.00, alle 20.00 guardano il telegiornale per tenersi aggiornate su quanto accade nel mondo. Alle 20.30 fino alle 21.15 si tengono degli incontri (ad alcuni dei quali ho partecipato), quindi un quarto d’ora di meditazione e alle 21.30 mezzora di preghiera. Alle 22.00 vanno a dormire.
Ciò che interessa maggiormente benefattori, volontari e ospiti, tuttavia, è sapere se le Mamme degli Orfani sono amorevoli verso i bambini e ragazzi che vivono al Villaggio come noi riteniamo che dovrebbero essere le mamme. In effetti il nome scelto da p. Fulgenzio, oltre che essere impegnativo, è già un programma, indica uno stile di vita, benché si debba ovviamente tenere conto delle differenze culturali: la mamma africana spesso manifesta il proprio amore in modo diverso dalle nostre. Se mai le Mamme degli Orfani andranno ad Haiti o in Bangladesh, come sogna il Baba, dovranno necessariamente tenere conto delle usanze locali e adattarvisi. Detto questo, credo non si possa generalizzare (suore buone o suore cattive); ci sono e ci saranno suore/persone più affettuose ed espansive verso i bambini e altre più severe e austere nei comportamenti (non si deve nemmeno dimenticare la difficoltà di crescere un gruppo così numeroso di bambini e adolescenti). Tanto per fare un esempio, recentemente ho visto una suora del Kenia spupazzarsi la piccola Irene, prenderla in braccio, giocare con lei, ma un paio d’anni fa ne avevo vista un’altra, sempre del Kenia, usare la bacchetta su un alunno della scuola (questa suora a breve lascerà il Villaggio). Noi laici abbiamo la tendenza a considerare i religiosi come persone che dovrebbero essere animate da sentimenti nobili e puri, in realtà sono persone come tutti noi, ricche di pregi e difetti oltre che di fede.

Un’altra considerazione che spesso fanno gli ospiti riguarda lo stile di vita che le suore conducono: è in linea col voto di povertà che, oltre a quello di castità e obbedienza, esse devono seguire? È assimilabile allo stile di vita dei bambini e ragazzi che vivono al Villaggio?
Prima di addentrami in una possibile risposta, vorrei invitare a riflettere se la domanda debba riguardare solo le suore del Villaggio della Gioia oppure tutti gli ordini religiosi. Una “Chiesa povera per i poveri” ci ha ricordato Papa Francesco. Bene, chi comincia a dare il buon esempio? Ho visitato il convento dei Carmelitani a Bocca di Magra, dei Francescani a Rezzato, dei Passionisti a Basella; come molti, ho visitato numerose chiese in giro per il mondo, il Vaticano e i musei vaticani. Poveri? Il Villaggio della Gioia, pur con i servizi che offre alle suore e ai bambini, è comunque la struttura missionaria più spartana tra quelle che ho visitato.
Parlo di ciò che so e cito due episodi: il primo riguarda una lettera che ho tradotto in inglese nella quale Baba invita le suore del Kenia a cibarsi con moderazione; lo stimolo gli era venuto da una riflessione fattagli dalle sue Mamme; il secondo riguarda la costruzione della Casa Madre: in fase di prima realizzazione, su indicazione delle suore del Kenia, i servizi igienici e le docce erano in comune. È stato Baba (ero presente durante la sua visita alla Casa in costruzione), in un secondo momento, pensando alle necessità di suore che un domani non saranno più giovani, potranno essere ammalate e bisognose di cure e assistenza, a decidere di realizzare celle con servizi. Questa “comodità” è stata pensata da Baba, che vede lontano, e non richiesta dalle suore. Al momento ciò che mi sembra distingua maggiormente le Suore dai bambini riguarda gli spazi: i conventi sono più grandi delle case famiglia, i bambini sono più delle suore. Forse, però, ci sono esigenze diverse; anche nelle nostre case, di solito, gli spazi dei genitori sono maggiori rispetto a quelli dedicati ai figli. L’alimentazione è molto simile anzi, le porzioni dei bambini sono forse maggiori. Se poi aveste avuto l’opportunità di aprire gli armadi nelle stanze delle ragazze (parlo solo di ciò che ho visto) avreste notato come il guardaroba di queste non manchi di nulla.
Ho sentito spesso ospiti e volontari esprimere giudizi poco lusinghieri sulle suore, secondo me spesso immotivati. Io vorrei invitare a considerare l’impianto del VdG a prescindere dalle persone che lo animano ora, persino a prescindere da p. Fulgenzio: come sarà il Villaggio tra 10 o 20 o 50 anni? A gestirlo ci potranno essere persone migliori o peggiori di quelle che ci sono ora, Mamme più amorevoli o meno, ma l’idea di Baba di fondare un istituto missionario che abbia come carisma quello di occuparsi degli orfani nei paesi più poveri del mondo, credo sia un’idea che meriti tutto il nostro appoggio, ora e in futuro.
Sicuramente avranno il mio.

 

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