La stampa: "Alessandra uccisa dalla burocrazia"

cronaca
17/02/2012 - IL DRAMMA ALL'OPERA PIA VIRETTI

L'accusa di amici e parenti.
Il padre della bimba: «Da mesi chiedevo che l'affidassero a me».
Ma il Comune si difende:
«Una tragedia imprevedibile»





EMANUELA MINUCCI, MASSIMO NUMA
 
 

Quando l’ha saputo, l’assessore al Welfare Elide Tisi è scoppiata a piangere. Non conosceva Alessandra, quella donna che alle 8 e mezzo di una mattina invasa dal sole d’inverno ha deciso di farla finita stringendo al petto la sua piccola di appena tre anni. Ma l’Opera Pia Viretti è una comunità in cui la donna viveva a spese del Comune, nella grande famiglia dei minori con la famiglia in bilico. Ed è dal terzo piano di questa palazzina che quella madre di 33 anni ha deciso ieri di tuffarsi a testa in giù insieme con la sua piccola. E mettere fine a una vita che pensava ormai negata. Ieri mattina, mentre i necrofori portavano via, all’obitorio, i due corpi, i familiari e gli amici di Alessandra hanno tentato di trovare, almeno, di comprendere la sua personale tragedia umana. «Alla fine s’è trovata sola - dicono - stritolata da un meccanismo complicato e tale da crearle continue ansie e paure. Paura di non essere capita, di essere comunque inadeguata, indifesa, sballottata da un appuntamento all’altro, c’erano gli esami dagli psicologi, le perizie, i moduli da compilare. Senza una casa vera, senza il calore della sua famiglia. Voleva sembrare forte e combattiva, in realtà era molto fragile, non voleva perdere Marianna». Da un anno e mezzo viveva in quella palazzina beige nascosta nella prima collina. Il budget messo a disposizione dal Comune all’immenso e complesso mondo dei minori da tutelare è di 30 milioni.

Quella madre che da ieri non c’è più era una delle 476 persone di cui il Comune si è fatto carico nel 2011, fornendo loro assistenti sociali, e, in parecchi casi anche domicilio. «Non appena mi hanno comunicato la notizia - ha spiegato ieri l’assessore Tisi - mi sono precipitata alla comunità. Ho parlato con le mie assistenti sociali e con il personale: nulla, purtroppo, lasciava immaginare quel che sarebbe successo, lei ha fatto colazione come tutte le mattine, non conoscevo Alessandra, ma conosco bene la storia che l’ha spinta in comunità. Era una situazione davvero complicata che per ovvie ragioni di tutela dei minori coinvolti, in questo caso i suoi fratelli, non possiamo, per nessuna ragione al mondo, raccontare». Il compagno della vittima, Fabio Costa, ha avuto per le assistenti sociali che la stavano seguendo parole durissime: «Le avevo avvertite che la situazione stava precipitando, che Alessandra era strana: niente, non mi hanno ascoltato, non mi hanno dato retta».

La divisione Welfare respinge le accuse con fermezza: «Abbiamo fatto tutto il possibile per quel caso - replica l’assessore - concedevamo tre incontri settimanali alla famiglia nel cosiddetto luogo neutro». Aggiunge: «A chi ci rimprovera che quello era un luogo poco sicuro rispondiamo in modo semplice: una comunità non è un carcere, non si possono mettere le sbarre alle finestre». Torino è la città italiana che investe maggiori risorse per i Servizi sociali. E non ci sono soltanto le rette da pagare per le mamme con bambini che vengono accolte in comunità alloggio educative o in gruppi-appartamento. Basti pensare al numero dei minori seguiti, a casa loro, dagli assistenti sociali: sono ben 5 mila. Ma anche il numero delle «tutele» è particolarmente elevato. Al momento ci sono 500 minori di cui 270 stranieri non accompagnati la cui patria potestà è in capo a Palazzo Civico. «Ad oggi, 16 febbraio - ha chiarito ieri Tisi - ci sono 34 mamme con bambino in “pensionati integrati”, altre 109 i comunità alloggio educative». La segnalazione di un bambino che presenta problemi avviene in nove casi su dieci a scuola. A quel punto scatta il controllo del Comune e poi, nei casi più gravi della Procura. Come è avvenuto per Alessandra.