La sindrome di alienazione genitoriale secondo Richard Gardner consiste in:
«un disturbo che insorge primariamente nel contesto di conflitti sull’affido dei figli. La sua principale manifestazione è la campagna denigratoria di un bambino contro un genitore, campagna che non ha giustificazione.»
William Bernet nel documento del 2010 per l’inclusione nel DSM-V preferisce parlare di un disturbo di alienazione genitoriale (Parental Alienation Disorder, PAD).
«La caratteristica essenziale dell’alienazione parentale è che il minore – normalmente nel corso di un divorzio molto conflittuale – si allea con un genitore (il genitore preferito) e rifiuta la relazione con l’altro genitore (il genitore rifiutato) senza una legittima giustificazione.»
L’alienazione genitoriale come fenomeno è sempre stata conosciuta ma è stata descritta come sindrome per la prima volta nel 1985 dallo psichiatra Richard Alan Gardner[3]. In seguito è stata riconosciuta da centinaia di studi accademici e decine di pronunciamenti giuridici relativi all’affidamento dei figli.
Manipolare i figli contro un genitore può comunque essere considerata una forma di manipolazione affettiva, una tematica su cui esistono studi indipendenti. Esistono studi indipendenti anche sui casi di figli manipolati contro i genitori da leader di varie sette religiose. Per questo Amy Baker ha pubblicato un articolo sulla rivista Cultic Studies Review in cui descrive l’alienazione parentale come “culto di un genitore”. La manipolazione dei figli è stata studiata fin dal 1960 dalla scuola della Terapia Familiare. La manipolazione dei figli contro un genitore è un fenomeno noto anche nei casi di sottrazione internazionale, una pratica punita dalla Convenzione dell’Aia.
Ci sono alcuni critici che ritengono il richiamo all’alienazione parentale può essere un’arma in mano a genitori abusanti per garantirsi la custodia dei figli abusati. In realtà come dimostra il caso Lohstroh la necessità di una teoria sull’alienazione parentale è urgente proprio per gestire i casi di falso richiamo alla stessa come strumento di difesa di genitori che hanno commesso veramente abusi. Come ha scritto Linda Gottlieb, uno standard sull’alienazione parentale serve ad attestarla o a respingerla nei casi in cui viene invocata e quindi è indispensabile per gestire i casi dubbi. Altri critici denunciano l’uso dell’alienazione genitoriale come mezzo per scagionare uomini accusati di violenza demestica, ma questa critica ignora il fatto che invece in certi casi l’alienazione genitoriale è la prosecuzione della violenza domestica con altri mezzi.
L’alienazione parentale non è inclusa nella vecchia versione del Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM-IV-TR, 2000). Si è cercato di falra inserire come PAD tra i disturbi mentali nel DSM-5. La proposta di Bernet ha avuto successo, nel senso che il DSM-5 contiene una descrizione della PA senza citazione della locuzione esatta. Secondo Bernet esistono validi motivi che suggeriscono l’opportunità di standardizzare la descrizione di questo fenomeno nel DSM-V.
Definizioni
Nella proposta originaria di Gardner (1985), la PAS è intesa come “un disturbo che insorge primariamente nel contesto di conflitti sulla custodia dei bambini. La sua principale manifestazione è la campagna denigratoria di un bambino contro un genitore, campagna che non ha giustificazione. Il disturbo risulta dalla combinazione di indottrinamento dal genitore alienante e i contributi propri del bambino allo svilimento del genitore alienato”.
La sostanza del concetto, seppure con un’etichetta diversa, è ripresa dallo psichiatra forense statunitense William Bernet (n. 1941), per il quale “l’alienazione parentale è una condizione mentale nella quale un bambino – i cui genitori sono solitamente impegnati in un divorzio altamente conflittuale – si allea fortemente con un genitore (il genitore preferito) e rifiuta la relazione con l’altro genitore (il genitore alienato) senza giustificazione legittima” (id., 2010: xvii; 3).
Nel 2001 Joan Kelly e Janet Johnston hanno criticato la definizioen di Gardner della sindrome di alienazione parentale e hanno proposto uno schema alternativo per classificare i minori alienati. Sebbene Janet Johnston e Joan Kelly riconoscano che l’alienazione genitoriale è un fenomeno reale, non sono d’accordo con la sua concettualizzazione come “sindrome”. Il lavoro di questi due studiosi è quindi citato come una riformulazione della PAS, nel senso di una priorità della valutazione dello stato del bambino, piuttosto che del comportamento dell’adulto come fa il modello della PAS come sindrome.
Nel 2001 anche Richard A. Warshak ha pubblicato un articolo in cui ha cercato di fare il punto sullo stato della controversia sull’alienazione parentale. Secondo Warshak gli elementi essenziali comuni a tutte le definizioni del disturbo sono tre: 1) il rifiuto di un genitore; 2) l’ingiustificatezza di questo rifiuto; 3) il contributo cauasale (parziale) al rifiuto da parte dell’altro genitore. La mancata considerazione degli elementi 2 e 3 è il fondamento di quasi tutte le controversie e incomprensioni sulla teoria dell’alienazione parentale.
Diagnosi differenziale
Precisazione importante avanzata da Gardner, Bernet e dagli altri studiosi che si sono occupati dell’alienazione parentale, è che l’astio del bambino sia ingiustificato: non si ha alienazione parentale quando il genitore odiato p.es. ha compiuto abusi sul bambino, essendo giustificato in tal caso l’astio del bambino e/o la campagna denigratoria dell’altro genitore. Va quindi tracciato un ideale continuum che, prescindendo dalle normali simpatie o antipatie che un figlio può preferenzialmente mostrare verso un genitore, a un estremo ha le situazioni di reali abusi, dove l’astio è giustificato, e all’altro estremo ha le situazioni di alienazione parentale, dove l’astio non è giustificato (cf. anche Gulotta et al., 2008: 5).
Lund (1995) identifica diverse dinamiche, normali e disfunzionali, che vanno tenute in considerazione allorquando si intende diagnosticare l’alienazione parentale:
- normali problemi di sviluppo del figlio conseguenti a separazione o divorzio;
- deficit nelle capacità del genitore privo di custodia. Per decenni la prassi in tutti gli ordinamenti giuridici era l’affido alla madre, e in tali casi, durante le visite dei figli al padre, questi possono non avere la stessa abilità e attenzione delle madri nel gestire i bisogni e le necessità dei figli;
- comportamento oppositivo verso i genitori, tipico di preadolescenti e adolescenti;
- famiglie divorziate altamente conflittuali;
- problemi gravi ma senza abusi, p.es. nei casi di un genitore alcolizzato, psicotico, eccessivamente severo;
- abusi infantili, presenti in famiglie intatte e separate.
Eccetto l’ultimo contesto, per il quale non si può parlare di alienazione parentale, in tutti gli altri casi il rifiuto di un genitore può degenerare in una situazione di alienazione.
Diffusione
Secondo Bernet (2008: 356), l’alienazione parentale può essere presente più nelle situazioni di dispute di affidamento altamente conflittuali, che non nelle comuni situazioni di divorzio famigliare, e anche in queste situazioni di alto conflitto riguardano solo una parte dei figli. Johnston (1993) in California ha trovato un “forte allineamento” del figlio con un genitore e il rifiuto con l’altro nel 7% dei casi di dispute in uno studio, 27% in un secondo studio. Kopetski (1998) ha riscontrato la PAS nel 20% di dispute sulle custodie in Colorado, Nicholas (1997) nel 33%, Berns (2001) 29% in Australia.
Bernet conclude che “circa il 25% dei figli coinvolti in dispute di custodia sviluppano il PAD”, che negli USA corrisponde a circa 200.000 bambini.
Una casistica molto importante di alienazione parentale si può ricavare da molti casi di sottrazione internazionale. Moltissimi minori vittime di sottrazione internazionale vengono manipolati dal genitore che li porta all’estero ed indotti ad odiare il genitore assente, in modo da rendere difficile il rimpatrio una volta che il rapitore venisse rintracciato dalle autorità. L’alienazione parentale è un gravissimo abuso psicologico e se compiuta mediante una sottrazione internazionale è punita dalla Convenzione dell’Aia.
Conseguenze
Oltre alle 8 caratteristiche dell’alienazione parentale descritte da Gardner e accettate dagli studiosi successivi, che sono di per sé anormali e disfunzionali nei bambini, altri ricercatori hanno evidenziato altre conseguenze negative nel medio e lungo periodo.
Possibili trattamenti
La maggior parte dei contributi degli studiosi riguardano la fase di riconoscimento e descrizione del fenomeno. Vi sono comunque ricercatori che hanno testato metodi di trattamento dei minori finalizzati a rendere possibile l’avvio di una normale relazione tra il minore e il genitore rifiutato anche nei casi di alienazione grave.
Per i casi gravi già Gardner riteneva che l’unica soluzione fosse l’inversione dell’affido. Questa conclusione è stata confermata da un importante studio di follow up pubblicato da Rand e Kopetski nel 2005 dove si mostra come la terapia tradizionale sui minori alienati è addirittura controproducente, mentre l’inversione dell’affido risolve quasi sempre il problema. Tuttavia poiché può essere difficile convincere il minore ad andare a vivere con il genitore che rifiuta può essere necessario la collocazione del minore in un luogo neutro. Per evitare di traumatizzare il minore sono stati elaborati programmi che cercano di fargli cambiare atteggiamento nel corso di una vacanza di alcuni giorni da trascorrere con uno o entrambi i genitori.
I due programmi di recupero meglio conosciuti e testati negli Stati Uniti sono Family Bridges e Overcoming Barriers. Non esistono ancora esperienze simili in Italia anche se sono stati fatti passi per accreditare presso una regione del Nord un programma ispirato a queste esperienza americane.
Storia
L’alienazione parentale, ben prima della sistematica trattazione fornita da Gardner negli anni ’80, è attestata in procedimenti giuridici a partire almeno dagli anni 1820, e compare nella letteratura scientifica sulla salute mentale a partire dagli anni 1940.
Critiche
Il concetto di alienazione parentale, o meglio, la teoria della PAS di Gardner, viene criticato in alcune fonti.
Una critica comune e ricorrente vede l’alienazione parentale come un fenomeno inesistente, privo di adeguato riscontro nella realtà clinica e giudiziaria. Una posizione critica più moderata lo vede come effettivamente esistente, ma raro e marginale nelle dispute di custodia. Tutte le fonti che criticano l’alienazione parentale tendono a concentrarsi esclusivamente sul lavoro di Gardner, come se il fenomeno fosse conosciuto solo ed esclusivamente attraverso l’opera di questo studioso. In realtà come dimostra la lunga lista bibliografica allegata al lavoro di Bernet per il DSM gli autori che hanno studiato questo fenomeno sono molto numerosi e il tono alquanto gridato delle critiche rivolte a Gardner fa pensare ad una strategia per distogliere l’attenzione da questa scomoda realtà che viene accuratamente ignorato da questi critici.
Conseguenze paradossali hanno avuto alcuni recenti tentativi di intepretare il fenomeno dell’alienazione genitoriale in modo rigidamente orientato al genere, cioè cercando di dimostrare che sono solo i padri a manipolare i figli contro le madri.
Parere di associazioni
Esistono alcuni pareri rilasciati da associazioni professionali che non hanno però mai assunto una posizione in grado di far cessare le discussioni sull’alienazione parentale.Hanno espresso valutazioni sulla PAS la American Psychological Association, la American Academy of Child and Adolescent Psychiatry,il Consejo General de Colegios Oficiales de Psicólogos de España e l’Asociación Española de Neuropsiquiatría. In Italia la Società Italiana di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza riconosce la PAS come abuso nelle “Linee guida in tema di abuso sui minori” pubblicate nel 2007.
Sentenze
Le sentenze che citano l’alienazione parentale sono ormai molto numerose in molti stati del mondo.
Parental Alienation Awareness Day
Il Parental Alienation Awareness Day (PAAD, “giorno della consapevolezza dell’alienazione parentale”, sito ufficiale), fissato al 25 aprile, è dedicato a convegni e manifestazioni di sensibilizzazione sull’alienazione parentale. Dalla sua ideazione nel 2005 diversi governatori statali statunitensi hanno aderito all’iniziativa, che attualmente comprende New York, Maine, Connecticut, Florida, Indiana, Iowa, Kentuky, Montana, Nebraska, Alabama, Arkansas, Georgia, Maryland, Mississippi, West Virginia, Indiana, Oklahoma, oltre alle Bermuda.
Un confronto quantitativo sulle fonti documentali
Secondo i critici della sindrome di alienazione genitoriale questa teoria sarebbe ampiamente rifiutata dalla comunità scientifica.
Ma è proprio così?
A sostenere che l’alienazione parentale è rigettata dalla scienza sono in genere professionisti pagati per vincere una causa impedendo alla controparte di chiedere al giudice di fare verificare da un esperto lo stato di manipolazione di un minore. Infatti dire che magistrati e operatori non possono avvalersi di una consulenza psicologica per accertare l’avvenuta manipolazione di un minore è la stessa cosa che dire che non devono fare nulla.
In realtà la verifica quantitativa sulle fonti pro e contro mostra una schiacciante preponderanza numerica di studiosi che ritengono che questo fenomeno sia esistente e che necessiti di uno schema interpretativo teorico. Questo non significa però che ci sia un unico schema interpretativo o teoria dell’alienazione parentale, come vogliono far credere i critici (che di solito si limitano ad attaccare le ricerche meno aggiornate di Gardner).
Bibliografia internazionale
Nel 2010 un gruppo internazionale di studiosi coordinato da William Bernet (membro del Department of Psychiatry, Vanderbilt University School of Medicine, Nashville, Tennessee) ha depositato formalmente l’articolo “Parental Alienation, DSM-V, and ICD-11” presso gli organismi che decideranno le modalità di inclusione dell’alienazione parentale nel DSM-V e nel ICD11, i due sistemi di classificazione dei disturbi psichiatrici riconosciuti a livello internazionale. L’articolo è corredato da una ampia bibliografia di oltre 600 titoli, la cui ampiezza riflette e dimostra l’esistenza di un vasto interesse su questa materia da parte degli studiosi. La bibliografia qui riportata include ulteriori libri, capitoli di libri e articoli pubblicati su riviste in materia di salute mentale e professione legale
Fonte: www.alienazionepar.altervista.org
Vedi anche: www.richardalangardner.wordpress.com