IL CASO CITTADELLA
Diagnosticò la Pas al bimbo conteso «Povero Leo, non vedrà più il papà»
I timori dello psichiatra: «Danni enormi, come amputargli un arto». La mamma: «Ci divertiamo, denuncerò la comunità». Il padre: «Ho la morte nel cuore»
CITTADELLA (Padova) — «Ci stiamo divertendo», giura la mamma del piccolo Leonardo, il bimbo di 10 anni che da mesi è al centro di un braccio di ferro legale tra i genitori che si contendono il suo affidamento. Da mercoledì è tornato a Cittadella per vivere con la madre, dopo che la Cassazione ha bocciato il provvedimento con il quale lo scorso anno la Corte d’Appello di Venezia l’aveva affidato a una struttura protetta di Padova sotto la diretta responsabilità del padre. Giovedì il piccolo ha quindi potuto riabbracciare i vecchi compagni di classe. Prima nella scuola elementare (dalla quale, a ottobre, era stato prelevato a forza per essere portato nella casa famiglia) e poi, nel pomeriggio, li ha rivisti a casa, dove hanno giocato al gioco di carte «Yu-Gi-Oh!», che spopola tra i giovanissimi e che è una delle grandi passioni di Leo. «Lui è felicissimo - ha assicurato ieri la madre - ha solo paura che lo possano riportare via. Lunedì tornerà a frequentare le lezioni nella sua scuola, con i suoi amici, e lentamente riprenderà ad avere una vita normale, quella che merita».
La suora che gestisce la struttura protetta di Padova ha sporto denuncia sostenendo che la mamma di Leo l’avrebbe ricoperta d’insulti quando, mercoledì, è corsa a riprendersi il figlioletto. «Lei mi querela? È ridicolo. Sarò io a denunciare lei e la casa famiglia che gestisce, per le ripetute violazioni avvenute negli ultimi mesi, durante i quali hanno costantemente favorito il papà di Leo facendo in modo che potesse vedere nostro figlio più spesso di quanto potessi farlo io». E ora che la Cassazione ha annullato la decisione d’Appello, la donna lancia un avvertimento all’ex marito: «Si tornerà al vecchio regime. Il padre potrà vedere Leo solo all’interno di incontri protetti, alla presenza degli assistenti sociali, ai quali spetterà anche il compito di fissare gli appuntamenti». L’uomo, un avvocato padovano, ieri era ancora sconvolto per l’accaduto. «Ho la morte nel cuore - ha spiegato - mi stupisce la rapidità con cui la Cassazione è intervenuta. Purtroppo questa sentenza è arrivata proprio mentre mi stavo riavvicinando a mio figlio». Preoccupato anche lo psichiatra Rubens De Nicola, il perito del tribunale che accertò la sindrome di alienazione parentale (Pas) stando alla quale Leo aveva sviluppato un rapporto conflittuale con il padre a causa dell’influenza negativa esercitata su di lui dalla mamma. Ed è proprio questa diagnosi che la Cassazione ha letteralmente fatto a pezzi sostenendo che non ha «fondamento sul piano scientifico» e che è «una teoria non ancora consolidata ed anzi molto controversa ».
Eppure ancora oggi De Nicola sostiene la validità della tesi: «La Pas non è una malattia, ma un insieme di comportamenti patologici come possono essere lo stalking o il mobbing. Dire che non esiste non ha senso, visto che la maggioranza della comunità scientifica la ritiene una vera e propria sindrome. La cosa più assurda è che la stessa Cassazione, in un’altra recentissima sentenza, ha invece sostenuto la validità della Pas». De Nicola rivela che, recentemente, era stato chiamato nuovamente a occuparsi del piccolo Leonardo. «Eravamo prossimi a un importante cambiamento. I rapporti con suo padre erano molto migliorati al punto che lui, per la prima volta da molti anni, era tornato a dirgli "Ti voglio bene". Così, in accordo con gli assistenti sociali, eravamo vicini ad affidare Leo al papà, affinché lasciasse la comunità per trasferirsi da lui giorno e notte. Ma l’intervento della madre mandò tutto a monte». Il giudizio dello psichiatra è netto: «Il bene di quel pover o b i m b o sembra essere stato completamente dimenticato. Oramai è diventata una guerra personale di uno dei genitori nei confronti dell’ex». Il risultato - stando all’opinione di De Nicola - è devastante. «Il danno apportato al piccolo è enorme. Se la madre può essere paragonata alla sua gamba destra, allora è come se a quel bambino avessero amputato l’arto sinistro per poi gettarlo via. Conosco bene i mille artifizi e le scappatoie che, in casi come questi, può mettere in atto uno dei genitori e, per questo, ho il timore che Leonardo possa non rivedere mai più suo padre ».
Andrea Priante
(ha collaborato Riccardo Bastianello)