Cos'è la mediazione familiare

La GAZZETTA del MEZZOGIORNO
Giovedì, 09 Febbraio 2012 11:05

Cos'è la mediazione familiare

Cos'è la mediazione familiare. Lo spiegano due esperti Associati AImeF (Associazione Italiani Mediatori Familiari) e soci AMI ( Associazione Matrimonialisti Italiani)


Siamo ormai diventati spettatori impotenti di violenze familiari; basta solo accendere il televisore e sentire con dolore che altri nomi, altri volti e altre storie si sono aggiunti nella lunga lista di violenze consumate tra le mura domestiche. Nella nostra società primeggia un impoverimento di valori, di amore, di tolleranza. Cosa spinge una coppia, due individui che si sono amati, che hanno costruito un progetto di vita, con i loro sogni, speranze, figli, ad odiarsi fino a farsi del male? 

Sicuramente in molti penseranno: “ ma si era un pazzo/a”. Sarà questo il motivo per continuare a non capire che quelle persone erano assolutamente normali, che erano un uomo e una donna che si sono innamorati e che sicuramente amavano tutto il bello della vita. Perché sono diventati così violenti, cosa li ha spinti a fare ciò quando potevano lasciarsi civilmente? 

Queste situazioni estreme si verificano quando si azzera la comunicazione tra i coniugi. E’ allora che scattano meccanismi psicologici incontrollabili, originati dalla solitudine in cui si versa e che determinano rancori, insoddisfazioni, voglia di prevaricare sull’altro, visto ormai come un nemico/a e non più come compagno/a di vita. Quando una coppia entra nel tunnel della solitudine e dello smarrimento l’unica gratificazione è quella di sentirsi vincitore sull’altro dimenticando il ruolo genitoriale e strumentalizzando i bambini. 

La cosa più naturale che viene da fare in circostanze simili è quella di scegliere subito un avvocato forte che diventerà proprio alleato/a nell’intento di ridurre l’ex compagno/a in povertà. Si studieranno strategie ignobili pur di vedere il nemico/a in uno stato di disperazione e prostrazione, ricorrendo finanche all’istituto della querela, seppur su circostanze risultate poi false, nell’intento di avere maggiore credibilità sugli organi inquirenti. 

Creare situazioni come quella appena descritta non fa altro che innalzare il conflitto ed annientare il dialogo. Si tende a comunicare solo attraverso terze persone, delegando queste ultime a trattare tutte le questioni familiari e personali che scaturiscono dal conflitto. Si sa bene che molti genitori alle prese con una separazione difficile si sentono e si comportano da individui infantilizzati e passivizzati, ai limiti della patologia e della devianza, colpevoli, irresponsabili, individui che di fatto delegano la gestione dei propri affetti più intimi, la quotidianità stessa dei propri figli ad altri, figli che spesso finiscono per trattare come preda e ostaggi, sentendosi gratificati dalla possibilità loro offerta dalla realtà giudiziaria di entrare nel gioco del buono e del cattivo, dell’innocente e del colpevole, del vincente e del perdente, dal sentirsi dire “ci penso io”, sottraendosi alla responsabilità di assumere decisioni che riguardano loro stessi e in particolare i propri figli rifiutando una elaborazione del conflitto. 

Eppure il conflitto in sé non è negativo. E’ una forza neutrale, dalla quale si può prendere spunto per la crescita e il cambiamento; la vita senza alcun conflitto sarebbe infatti statica. Ciò che conta è se e come viene gestito il conflitto. 

L’energia generata dal conflitto può essere utilizzata in modo costruttivo, anziché distruttivo e, quando i conflitti vengono risolti in modo cooperativo invece che attraverso la contestazione, le relazioni possono uscirne migliorate e rafforzate. Se c’è buona volontà da parte dei disputanti, percezioni ed atteggiamenti reciproci possono cambiare e, in seguito, la mutata atmosfera di apertura, ascolto e cooperazione può irradiarsi da essi ad altri membri della loro famiglia. Risolvere un conflitto raramente ha a che fare con chi ha ragione. Dipende semmai dal riconoscere e dall’apprezzare le differenze. 

Questo percorso e l’analisi di tali aspetti può certamente essere effettuato attraverso un percorso di Mediazione familiare. La mediazione familiare è uno spazio di incontro in un ambiente neutrale, nel quale i coniugi in procinto di separazione, già separati o divorziati, hanno la possibilità di negoziare le relative questioni, sia negli aspetti relazionali che in quelli economici. E’ un percorso assolutamente volontario, al quale la coppia può aderire di propria iniziativa o dietro sollecitazione dal giudice. Anche in quest’ultimo caso l’adesione rimane sempre di natura discrezionale. Le parti in mediazione sono incoraggiate ad elaborare gli accordi che meglio soddisfano i bisogni di tutti i membri della famiglia, con particolare riguardo all’interesse dei figli. 

Sottoporsi ad un percorso di mediazione familiare significa combattere il clima di catastrofe distruttiva e colpevole che circonda la separazione tra genitori, un clima che toglie fiducia e spinge alla delega, un cammino che restituisce alla coppia sia il ruolo di protagonisti della propria vicenda separativa che la fiducia nelle proprie capacità di dare continuità, pur nella separazione, alla rete di affetti costituita dal proprio nucleo familiare. Puoi non essere più marito e moglie ma non puoi non essere più genitore. Dai figli non ci si separa mai. Solo in questa prospettiva i figli continueranno a vedere i propri genitori come degli adulti che non hanno perso la propria capacità di avere cura e di provvedere ai loro bisogni materiali ed affettivi. 

Va da sé che le decisioni prese nell’ambito della mediazione dovranno rispettare lo schema legale, in quanto esse verranno comunque sottoposte al controllo ed alla successiva approvazione dell’Autorità Giudiziaria. La mediazione, infatti, vuole offrire uno strumento per meglio affrontare le questioni aperte all’interno della famiglia separanda e non sostituirsi all’ordinamento giuridico; in tal modo, si propone una diversa regola operativa, fondata sulla scelta e non sull’imposizione, sulla partecipazione e non sulla delega, sulla condivisione e non sulla contrapposizione. 

Le decisioni adottate attraverso il processo di mediazione avranno sicuramente maggiori possibilità di essere rispettate di quanto ne abbiano quelle imposte dagli organi giudiziari. Gli accordi raggiunti, in ogni caso, saranno oggetto di valutazione da parte dei rispettivi avvocati di fiducia prima di essere sottoposti al vaglio del Giudice. 

Ma chi è il mediatore familiare? 

Il mediatore familiare è un terzo imparziale rispetto alla coppia che ha l'obiettivo di sostenere la coppia stessa durante la fase della separazione e del divorzio. All'interno di questo spazio neutrale il mediatore familiare si propone dunque come una risorsa specifica - alternativa al sistema giudiziario - volta a favorire la negoziazione di tutte quelle questioni relative alla separazione o al divorzio. Il mediatore incoraggia la coppia a strutturare gli accordi che meglio rispondono alle esigenze di tutti i componenti del nucleo familiare. 

La coppia diventa protagonista nella gestione del proprio conflitto ed indirizza le proprie risorse per trovare un dialogo il più possibile funzionale ai cambiamenti che si prospettano per tutta la famiglia. La figura del mediatore è ben diversa sia dalla figura dell’avvocato, che si batte per il riconoscimento dei diritti, che da quella del terapeuta, che interpreta lo stato mentale dei pazienti. Il mediatore è colui il quale persegue una dimensione di consapevolezza produttiva: cerca di aiutare i genitori a raggiungere uno stato mentale che renda possibile trasformare la chiusura e l’oppositività in spiragli di apertura sufficienti per creare un clima in cui sia possibile immaginare soluzioni alternative. 

Facilita la comunicazione tra i genitori affinchè essi possano superare l’empasse del conflitto, negozino e trovino accordi equi e soddisfacenti per entrambi. E’ colui il quale aiuta le parti in conflitto a riconoscere l’altro seppur nel disagio e nel dolore. 

Il mediatore, per essere idoneo alla pratica della mediazione familiare, deve avere una formazione specifica che risponda agli standard minimi stabiliti dall’European Forum Training and Research in Family Mediation organismo di formazione ricerca e studio in mediazione familiare costituitosi nel 1996.
Nella delicatezza e specificità di tale ruolo e considerate le questioni da trattare, di contro, preme sottolineare quanto importante sia affidarsi a professionisti seri e qualificati. 

Purtroppo, alcuni soggetti in possesso di pseudo titoli di qualificazione, rilasciati da chi organizza corsi di formazione per mero business economico, ritengono di poter esercitare, magari in parallelo e/o in abbinamento ad altro impiego ufficialmente svolto. Circostanze simili portano sicuramente ad avere poca attenzione nell’esercizio della mediazione a discapito dell’utenza prima e a danno della professione poi. Tale situazione di promiscuità potrà risolversi con l’istituzione (già in discussione in Parlamento) di un Albo specifico e subordinando l’iscrizione al possesso di titoli e C.V. adeguati. Nelle more è consigliabile fare riferimento a figure professionali facenti parte di associazioni già riconosciute dal Forum Europeo per la Mediazione Familiare. 

dott.ssa Teodora Tiziana Rizzo; dott. Antonio Anzilotti