Conflitto familiare e Mediazione

Cari amici, in questi ultimi periodi leggo con mia forte disapprovazione una serie di eresie che riguardano il mondo della conflittualità familiare. Anche le ultime proposte di legge mi lasciano alquanto basita, in quanto, a mio modesto parere, generano conflittualità e alimentano ulteriore confusione soprattutto nelle sue modalità applicative.

Scrivo questo perché in questi giorni ho saputo che una coppia che aveva proficuamente intrapreso un percorso di mediazione familiare nel mio studio, finalizzato alla separazione personale, sospeso al terzo incontro dietro consiglio dell’avvocato di lui, si trova ora a doversi difendere in sede civile come in quella penale ritrovandosi vittima di un accanimento giudiziario doloroso e immotivato. Ora, vuoi per la crisi economica e di valori che sta colpendo la nostra società, vuoi per la mancanza di informazione, vuoi per l’inerzia di alcuni professionisti a formarsi adeguatamente, noto con grande rammarico che la famiglia viene considerata sempre più come una trincea di guerra e fonte di sporchi guadagni.

Inizio con l’affermare un concetto chiaro e cioè che la gran parte delle coppie che decidono di separarsi non sono assolutamente coppie malate, ma, al massimo, sono persone che nella fase attiva della loro conflittualità possono vivere momenti di confusione emozionale ed organizzativa, legati alla paura del futuro e dell’incerto.

Quando le coppie non sono malate non necessitano di percorsi terapeutici o di essere attenzionate dai servizi sociali presenti sul territorio, ma solo di essere accolti e sollecitati ad affrontare la propria situazione con dignità e consapevolezza con il sostegno di un professionista imparziale adeguatamente formato, quale il mediatore familiare, che li sostenga nelle decisioni da prendere che riguardano il loro futuro.

Tante volte nel mio studio ho riscontrato che la parte economicamente più debole vive una forma di resistenza nell’intraprendere il percorso separativo legata alla paura di non vedersi riconosciuto un sostentamento economico in caso di separazione più volte minacciato dall’altro coniuge. E’ culturalmente radicato il convincimento che in casi simili le parti, non essendo sollecitate ad affrontare la separazione coniugale con responsabilità, dignità e rispetto reciproco, non tanto relativamente al momento storico attuale che potrebbe essere foriero di rabbia, ma rispetto al vissuto ed alla storia della coppia, affrontano la crisi coniugale affidandosi ad avvocati che sicuramente li porteranno ad affrontare tale percorso iniziando dal deposito di un ricorso per separazione giudiziale, magari anche con richiesta di addebito.

E’ assolutamente normale che una situazione del genere porti all’aggressività e istighi alla guerra giudiziaria con l’obiettivo di vedere distrutto l’ex partner, non comprendendo che tali situazioni consumano le parti coinvolte arricchendo i professionisti che li hanno spinti in tali percorsi. Molto spesso si verifica che, nella speranza di poter ottenere vantaggi nel procedimento di separazione, oltre il 50% delle coppie che si separano, utilizzano impropriamente lo strumento della denuncia-querela nei confronti dei partners i quali vengono accusati di reati infamanti quali violenza fisica e/o sessuale anche sui propri figli. Come ben sappiamo l’80% di queste denunce-querele finiscono con l’archiviazione in quanto le stesse risulteranno false ed assolutamente strumentali, con esclusivo ed irreparabile pregiudizio a carico di questi figli ai quali, nel contempo, viene impedita la frequentazione col genitore accusato. In situazioni simili la coppia è già entrata in un vortice giudiziario dove sa quando e come è entrata ma non può sapere quando e soprattutto come se ne potrà uscire. A questo punto è normale che il rapporto è diventato patologico anche a causa dell’inquinamento delle strategie processuali e/o giudiziarie intraprese del professionista “di fiducia” che ha portato la coppia in un punto di non ritorno. Mentre tutto questo, prime facie, risulta economicamente vincente per il professionista, lo stesso, in situazioni simili, contribuisce a far vivere il proprio cliente in uno stato di degrado sociale, morale ed economico.

Eppure l’Avvocato con la A maiuscola, che in una società civile come la nostra ha un ruolo importante nel dirimere controversie familiari, dove l’obiettivo primario deve essere quello della tutela dei minori, in nome della sua professionalità dovrebbe fungere da faro nella individuazione di percorsi finalizzati alla salvaguardia di tali relazioni scoraggiando in primis la delega a terzi per la risoluzione di questioni assolutamente private e personali, incalzando le parti in conflitto ad assumersi le proprie responsabilità al fine di riorganizzare la propria vita futura nel rispetto dei propri diritti, dei propri bisogni e nella tutela dei propri figli, sollecitando le stesse a rivolgersi, in caso di separazione personale, ad un mediatore familiare professionista, il quale nell’accogliere la coppia nella sua confusione emozionale e organizzativa, la sosterrà nel riprendere un canale comunicativo propizio a recuperare quella capacità negoziale, propria in ognuno di noi, necessaria a rievocare quella autodeterminazione, offuscata dal conflitto, che fungerà da volano nel raggiungimento di un accordo condiviso, rispettoso del trascorso di ogni coppia e dei bisogni di tutti coloro che risultano essere coinvolti nell’accordo e che, sottoposto all’attenzione del proprio legale di fiducia che opportunamente valuterà la sua corrispondenza al dettato normativo in materia, possa, nel rispetto della volontà delle parti, integrarlo al ricorso di separazione consensuale al fine della sua omologa.

Comprendo perfettamente che questo modus operandi potrebbe realizzare un pregiudizio economico nei confronti di alcuni professionisti senza scrupoli che ruotano attorno alla famiglia in crisi, però ritengo sia giunto il momento di decidere con coraggio deontologico e dignità professionale se continuare a tutelare i portafogli di alcuni professionisti o voler seriamente iniziare a tutelare il benessere psico-fisico dei minori e delle persone.

Non posso astenermi dal considerare che se l’avvocato sopra citato fosse stato un socio AMI sicuramente non avrebbe distratto il suo cliente dal proseguire il percorso di mediazione familiare già intrapreso. Sono sempre più orgogliosa di far parte di una grande squadra come l’AMI, dove la tutela delle persone e dei minori in particolare è la priorità assoluta. Grazie all’impegno morale e professionale del presidente Avv. Gian Ettore Gassani e di tutti i presidenti distrettuali, che con costanza e abnegazione si impegnano in una formazione e diffusione di una cultura del diritto non fine a se stessa ma rispettosa dell’aspetto umano dal quale la stessa non può prescindere, la cultura giuridica di tale avvocatura è divenuta di serie “A”!!!!!!!

                 

                                                 Dott.ssa Teodora Tiziana RIZZO